Cresce il pacchetto Di Maio in vista del decreto crescita Misure anche per i brevetti Contrassegno di Stato per il «made in Italy» solo su base volontaria

Nel decreto crescita che viaggia verso il consiglio dei ministri di venerdì prende quota il pacchetto «made in Italy». Si tratta di un insieme di norme, preparate dal ministero dello Sviluppo economico, che dovrebbero caratterizzare in modo visibile il provvedimento che conterrà anche misure preparate dal ministero dell’Economia.

 Sono in corso in questi giorni le ultime riunioni tecniche per passare dalle bozze al provvedimento vero e proprio. Al momento spiccano la norma sui marchi storici, in chiave anti delocalizzazione all’estero, e quella sul contrassegno “made in Italy” per il contrasto all’italian sounding cioè la falsa evocazione dell’origine italiana. Si valuta anche la possibilità di costituire un’Agenzia specifica per la tutela del made in Italy. Ma tra le proposte in corso di finalizzazione ci sono anche norme sui brevetti e il trasferimento tecnologico.

Marchi storici

 È differente dalla proposta lanciata dalla Lega alcuni giorni fa e si ispira invece alla legge francese “Florange” la misura in cantiere sui marchi, con tanto di sanzioni annesse. Di Maio vorrebbe battezzarla norma Pernigotti, in riferimento al caso dell’azienda di cioccolato di Novi Ligure.

 Si prevede innanzitutto la nascita di un registro di marchi con almeno 50 anni. Se la proprietà pianifica la chiusura dello stabilimento, con relativo licenziamento collettivo, deve notificare al Mise le ragioni e le azioni per trovare un nuovo acquirente. Se, dopo 90 giorni dalla notifica, non giungono proposte d’acquisto o l’impresa non intende dare seguito a quelle ricevute, scatta un’altra comunicazione al Mise. E a questo punto il ministero può nominare un commissario straordinario, con oneri a carico dell’impresa, che può a sua volta cercare acquirenti e può elaborare progetti per la continuità aziendale. Il commissario presenta una relazione al Mise entro 180 giorni. Se vengono accertate violazioni dell’azienda sulla notifica o un rifiuto a dare seguito a una proposta di acquisto con evidenti contenuti vantaggiosi scatta una sanzione che può arrivare fino al 2% del fatturato medio degli ultimi cinque esercizi. Al tempo stesso, sempre per i primi cinque anni, all’acquirente andrebbero agevolazioni fiscali.

Il contrassegno made in Italy

 Un’altra delle misure in preparazione prevede il contrassegno “made in Italy” concesso dallo Stato, come garanzia di autenticità per il consumatore finale. Il tutto allo scopo principale di contrastare il fenomeno dell’italian sounding che penalizza le nostre esportazioni. Il simbolo grafico “made in Italy”, valido solo per i mercati extra Ue, sarebbe inserito in un contrassegno («tag») antifalsificazione che è al contempo una “carta-valori”, con il quale si assicurerebbe al consumatore finale che il bene è originalmente ed effettivamente fatto in Italia. La possibilità sarebbe concessa alle aziende su base volontaria, con richiesta e pagamento delle carte valori al Poligrafico dello Stato.

Stop a loghi come «mafia»

In dirittura d’arrivo ci sarebbe anche il divieto di registrazione di marchi che riproducono nomi di stati e altri enti territoriali, di segni riconducibili a forze armate e forze dell’ordine nonché di marchi lesivi dell’immagine o della reputazione dell’Italia, come “mafia” o “camorra”.

 Ci sono poi allo studio in questi giorni incentivi per l’uso di marchi collettivi e di certificazione privati, ad esempio relativi a specifici settori industriali.

Brevetti

 Un capitolo a sé riguarda la valorizzazione dei brevetti. Sul tavolo, in discussione al Mise, ci sono l’introduzione di un apposito voucher per favorire la brevettazione delle invenzioni da parte delle startup innovative e il finanziamento annuale delle attività di proof of concept di tecnologie sviluppate da università e centri di ricerca per favorire il passaggio dai brevetti ai prototipi. Esame in corso anche per quella che sarebbe un’autentica svolta per il settore accademico, cioè il passaggio della titolarità delle invenzioni dai ricercatori alle università. Nel contempo, tra le proposte c’è anche l’introduzione della possibilità per i titolari di una domanda internazionale di brevetto designante l’Italia di avvalersi della procedura di esame presso l’Ufficio italiano brevetti e marchi.

Fonte: Il Sole 24